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Cattedrale S.Maria del Popolo in Cittaducale

CITTADUCALE - LA CATTEDRALE DI SANTA MARIA DEL POPOLO

Nel 1502, l'erezione di Cittaducale alla dignità di sede vescovile, dopo un primo tentativo di utilizzo della chiesa di Sant'Antimo, fece sì che il titolo di cattedrale fosse attribuito alla chiesa di Santa Maria del Popolo, che vantava già centralità di ubicazione, ampiezza di spazi, eleganza di forme, decoro di arredi.
Al tempo della fondazione della città angioina, a presidio dei contini settentrionali del Regno napoletano, gli abitanti delle campagne e delle colline di Forcapretola, Rocca di Fondi, Paterno, Pendenza, Radicara lambite dal Velino, attraversate dall' antico tracciato della Salaria, ora battuto dai pastori e dai mercanti di lana, si erano infatti associati per sinecismo e, nell' urbanizzazione del colle di Cerreto Piano, avevano mantenuto un saldo legame con le loro comunità di origine intitolando agli antichi patroni le chiese dei quartieri.
L’impianto progettuale della "terra murata" riproponeva lo schema ordinato del castrum romano. L’intersezione fra cardo e decumano suddivideva lo spazio circoscritto da una solida cinta muraria nei quartieri di Sant'Antimo, Santa Maria di Cesoni, Santa Croce, San Giovanni Battista per aprirsi in un'ampia piazza che costituiva idealmente il luogo in cui gli abitanti avrebbero trovato occasione d'incontro e di scambio: la piazza del Popolo, al cui centro era la fontana pubblica, ai cui margini erano i maestosi edifici sede delle istituzioni civili - il palazzo del Capitano ed il palazzo dei Priori - e delle istituzioni religiose.
Stando alla testimonianza di Sebastiano Marchesi, aurore del Compendio Istorico di Civita Ducale dall’origine al 1592, la città fu posta sotto la protezione mariana, intitolando alla Madonna del Popolo la chiesa dell’intera collettività, "al servizio della quale deputarono un Prete, chiamato Proposto al quale destinarono si desse un bajocco l'anno, alli 5 di agosto nel giorno di S. Maria della Neve, nel quale fu fatta questa distribuzione e designata la Terra”.
La costruzione della chiesa dedicata a Santa Maria del Popolo fu intrapresa dunque all’atto stesso della definizione dell'assetto urbano ed alla perimetrazione degli spazi destinati ai servizi di uso comune.
La stessa conformazione dell’edificio, costruito utilizzando conci compatti e squadrati di pietra locale, è testimone della cronologia scandita da fasi successive: il registro inferiore della facciata e delle pareti laterali è infatti caratterizzato dallo stile romanico dei portali, mentre il registro superiore ed il coronamento orizzontale finemente decorato da una serie di archetti pensili, di chiara ascendenza abruzzese, è già fortemente influenzato dallo stile gotico di fine Trecento.
In posizione arretrata, adiacente all’abside, si leva la massiccia torre campanaria ingentilita dai tre ordini di doppie bifore, scanditi dai marcapiano di fitti archetti pensili.
La severa facciata, impreziosita dal rosone gotico, si apre attraverso tre portali.
Sugli architravi dei portali laterali gemelli, sormontati da un arco a tutto sesto, sono scolpite a bassorilievo due croci greche trilobate affiancate da gigli angioini.
Nel lunotto del portale maggiore, impaginato dalle scanalature degli stipiti e dalle mensoline dalla semplice decorazione floreale, è un tardo affresco devozionale, raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù, San Magno vescovo patrono di Cittaducale e Sant'Emidio, il Santo vescovo di Ascoli Piceno invocato come protettore dai terremoti.
Il dipinto votivo risale al XVIII secolo e fa memoria del compimento dell'opera del vescovo monsignor Nicola Maria Calcagnini (1750-1792) a cui si deve infine la ricostruzione ed il riassetto del patrimonio architettonico della diocesi dopo i devastanti terremoti che si erano susseguiti dal gennaio al dicembre 1703.
Mentre nel corso dei secoli la facciata della chiesa di Santa Maria del Popolo è rimasta sostanzialmente integra, se si escludono alcuni interventi finalizzati a dare luce alla basilica, la sua superficie si è progressivamente modificata ed ampliata mediante l’erezione di altari e cappelle gentilizie, che prese l’avvio già nel corso del XV secolo quando ancora Cittaducale era parte integrante della diocesi reatina. La felice coincidenza fra l’acquisizione del titolo di cattedrale e l’esigenza di adeguamento alle norme post-tridentine indusse il vescovo Pietro Paolo Quintavalle (1609-1627) ad intraprendere un impegnativo lavoro di ristrutturazione, affidato all'ingegno dell’architetto cortonese Pietro Berrettini.
I1 progetto elaborato dal Berrettini comportava l’annessione dell’area della cappella e dell’hospitale di San Paolo, dotati sul finire del XIV secolo dal nobiluomo civitese Paolo Susanna, costituendo così una navata laterale a cornu Evangelii.
L’intervento di addizione fu compiuto mediante l’erezione di solidi pilastri a sostegno di arcate a tutto sesto che armonizzano la navata al corpo centrale della chiesa.
Al lungo episcopato di monsignor Pomponio Vetuli (1632-1652) risale il completamento dei lavori avviati dal suo predecessore ed il riassetto del palazzo episcopale, dotato di un’imponente sala di rappresentanza decorata a fresco con un’ampia fascia nella quale si alternano agli stemmi dei vescovi i medaglioni raffiguranti realistici paesaggi delle principali località della diocesi.
I1 benedettino monsignor Filippo Tani (1686-1712) provvide ad ampliare ulteriormente la cattedrale facendo erigere la navata laterale destra, indispensabile a riequilibrarne 1’impianto architettonico. Alla committenza di monsignor Tani va riferita la bella tela del pittore sabino Girolamo Troppa, che propone per il maestoso altare barocco al centro della navata a cornu Epistulae una originale, significativa variante del convenzionale tema della Madonna del Rosario.
In omaggio al vescovo benedettino, infatti, l’artista include nella sacra conversazione i Santi Benedetto e Scolastica al posto convenzionalmente attribuito a San Domenico di Guzman e Santa Caterina da Siena.
San Benedetto e Santa Scolastica, vestiti dell’abito nero del loro Ordine, sono compuntamente inginocchiati ai piedi del trono dove siede la Vergine. Un volo d’angeli reca al Santo il pastorale e la mitria, segni della sua dignità di abate, mentre un corvo gli porta un tozzo di pane, in memoria della sua esperienza eremitica.
Un angelo porge invece alla Santa una bianca colomba.
In basso, al centro della tela, è lo stemma del vescovo Tani: un fulvo leone rampante su scudo azzurro, attraversato da una banda rossa con tre sacchetti. A destra, scorre la firma dell’artista: EQ. HIER. TROPPA 1692.
I lavori voluti dal vescovo Tani furono compiuti mediante l’ampliamento longitudinale della preesistente cappella dedicata a Sant’Antonio di Padova, costruita al tempo del vescovo domenicano Giorgio Giovanni Padilla y Vasconcellos (1599-1609), originario di Lisbona.
Obbedendo al gusto del tempo ed all’esigenza di armonizzare stilisticamente i vari corpi di fabbrica, fu costruito un soffitto ligneo a copertura delle capriate della navata centrale, furono aperte due ampie finestre sulla cortina muraria della facciata e realizzata una ricca decorazione in stucco che a tutt’oggi conferisce all'interno della cattedrale di Santa Maria del Popolo un carattere squisitamente barocco, che felicemente si contrappone alla severa maestosità della struttura romanica, quasi a testimoniare 1’inesausta vitalità ed il perenne rinnovamento del linguaggio artistico ed architettonico della Chiesa cattolica.